Dopo il bel
week end di orienteering tra le quasi sconosciute Pale di San Martino, metto da
parte bussola, si-card e scarpe chiodate per riprendere l’attrezzatura da trail
per una nuova avventura sulle montagne che, dopo il Monte Bianco, mi hanno
visto crescere, sto parlando del Gran Paradiso in particolare della
Valsavaranche.
L’avventura
consiste nel prendere parte alla mia prima gara di ultra trail al cospetto
dell’ unico 4000 interamente su territorio italiano e all’ interno di uno dei
parchi nazionali più belli d’Italia.
Già da
quando mi sono iscritto alla gara sapevo che sarebbe stata una gara molto
difficile non solo perché prevede un percorso di 45 km con 3300 m di dislivello
positivo ma perché il percorso presenta tratti abbastanza tecnici in mezzo a
pietraie, ma questo fa parte dell’avventura, e io sono pronto ad affrontarle.
4:50 suona
sa sveglia che mi avverte che il gran giorno è arrivato e che è ora di fare sul
serio, mentre mangio un bel panino con il prosciutto cotto inizio a farmi la
cavigliera con il tape, che tanto so che non durerà molto ma temo di non
riuscire a passare il cancello orario quindi sono pronto a prendermi dei gran
rischi in discesa per restare nelle 7 ore e 30'.
5:30 si
ricontrolla tutto il materiale obbligatorio per non dimenticare nulla, tutto è
pronto ma mi resta ancora un dubbio…. Termica o maniche corte ? La temperatura
esterna è bella frizzante 4°C in campeggio, opto per tenere la termica e di
rimandare la decisione prima della partenza. SI PARTE ALLA VOLTA DI DEGIOZ!
5:55
arrivato in paese la temperatura non è cambiata di molto, siamo sui 6°C, ma
prendo una decisione un po’ azzardata, mi tolgo la termica e decido di partire
con la mezza manica, ma vedo che non sono l’unico e questo mi consola non sono
l’ unico matto o scemo a seconda dei punti di vista.
6:00
Finalmente si parte, come d’abitudine parto in prima fila, e mi metto subito in
coda al gruppetto formato dallo svizzero Gabioud e agli italiani Cheraz Davide
( che vincerà la gara), Matthieu e Bruno Brunod ( quest’ultimo detentore del
record di salita/discesa dal Cervino prima di Kilian) che fin da subito
impongono un ritmo altissimo, fin che le pendenze non si fanno eccessivo non ho
problemi a mantenermi in coda al gruppo, ma appena si inizia a salire verso il casolare
del Levionaz li lascio andare e prendo il mio passo e vado su regolare senza
strafare è solo la prima di molte salite impegnative.
Verso la
fine della salita inizia farmi male la testa probabilmente dovuto all’ aumento
di quota e il gran caldo umido patito nel bosco durante la salita ma mancano
solo due tornanti, si vede già la fine del bosco che significa anche che la
salita è finita, lasciato il bosco si respira finalmente aria fresca, un sorso
d’acqua e via in discesa a tutta, mi sento bene e recupero qualche posizione
senza impegnarmi troppo arrivati al primo ristoro (dopo 1:15 circa di gara ) mi
fermo per mangiare qualcosa e per trovare la forza mentale per affrontare i
quasi 3km di asfalto che mi porteranno all’attacco del Rifugio Chabod.
1:40:30 di
gara inizia la salita al rifugio Chabod una salita di quasi 5km con 914 m di
dislivello che si inizialmente si articola su una mulattiera all’ interno di un
bellisimo bosco di conifere fino a poco prima del casotto del guardaparco di
Lavassey dove si torna su un classico sentiero di terra battuta misto sassi.
Terminato il
bosco, il sentiero sale dolcemente con lunghe S, ma questo solo in teoria
perché che ha tracciato il percorso ha deciso di farci salire per la massima
pendenza fino al rifugio. Una salita davvero faticosa ma resa magica dal
panorama che avevo di fronte quelle poche volte che riuscivo ad alzare la testa
da terra.
Finalmente
arrivo al rifugio e sono accolto calorosamente del cane del gestore che mi
accompagna fino al tavolo del ristoro dove ad attendermi ci sono diverse torte,
cioccolato e altre cose stuzzicanti, ma non posso fermarmi molto, una volta che
ho ripreso le forze ( quelle mentali almeno, quelle fisiche son quel che sono)
scendo dal cucuzzolo su cui è situato il rifugio per affrontare una lunga ma
dolce salita ( con qualche strappetto verso i 2730m del rifugio Vittorio
Emanuele II.
La
traversata la conosco bene ma nel primo pezzo si snoda tra delle morene e il
sentiero non è ben visibile e bisogna cercare le bandierine che non si vedono
molto ma i segnali del sentiero si vedono abbastanza bene uscito da questa zona
mi aspetta una prima pietraia e il sentiero sparisce un'altra volta ma lo si
vede in lontananza e per oltrepassarla punto dritto al sentiero e non mi pongo
il problema di essere sul sentiero.
Continuano i
Sali e scendi, recupero un altro atleta, che vedendo in lontananza il rifugio
aumenta il passo ma non sa che da quel punto ci sono ancora almeno 3 vallette,
io continuo con il mio passo e dopo 800/900 m lo riprendo e sconsolato mi si
accoda fino al rampone prima della punto ristoro al rifugio dove io lo stacco
mantenendo una buona costanza di corsa/camminata.
Al ristoro mangio
del formaggio e bevo dell’ acqua e un po’ di coca cola poi riparto verso il
campeggio di Pont dove mi attende il cancello orario ma sono ampiamente nei tempi
quindi non c’è motivo di forzare la discesa prendendomi dei rischi inutili.
Passo il
cancello orario con 2 ore e 20 circa di
vantaggio sul tempo limite questo mi da morale e dopo aver mangiato qualcosa
riparto come se i primi 26 km non ci siano mai stati e in un batter d’occhio
sono alla croce del Roley.
Da qui fino
al casotto di Pian Borgno sembra non arrivare mai, la salita è impegnativa e il
sentiero stretto non consente agli escursionisti di spostarsi facilmente per
lasciarmi passare questo mi porta a cambiare spesso ritmo impedendomi di fare
una salita regolare, al casolare di Pian Borgno (solo ristoro idrico) mi
disseto, mangio una bustina di miele monodose e finisco una barretta iniziata
nella salita alla croce del Roley e
riparto subito verso il Meyen (punto di incontro tra la 45 e la 25 km.
Per arrivare
in questo vallone c’è tutta una zona di falso piano in cui ( con il senno di
poi) avrei potuto corricchiare un po’ di più ma sapevo che mi mancava di sicuro
una discesa tecnica in una pietraia per arrivare ai laghi Djouan e a logica una discesa prima e una salita dopo
per entrare ed uscire dalla valle del Meyen (sarà proprio così) quindi decido
di prendermela con relativa calma per non disfare le gambe ancora di più.
Arrivo finalmente
in cima alla pietraia che sovrasta i laghi e mi sento sollevato perché da li in
poi sarà solo discesa, mi lancio ( per quanto possibile) in discesa ma fin da
subito mi rendo conto che è molto più tecnica di come me l’ero immaginata e per
ben due volte il sentiero si perde sui sassi e dall’ alto non si vedevano i
segni gialli che indicano il sentiero ma la voce di due addetti al percorso mi
guidano sulla giusta via e arrivo finalmente hai prati limitrofi ai laghi ma
purtroppo mi sono giocato parte dell’energie nella discesa, decido allora di
camminare più o meno fino all’ alpe Djouan/casotto di Oreville così da ritrovare un po’ di forze per l’
ultima discesa e il successivo “piano “ che mi avrebbe riportato a Degioz!
La scelta è
stata delle migliori perché due atlete mi passano tratto in cui cammino una
della 25 km e una della 45, quest’ ultima riparte dall’ ultimo ristoro 2’ prima
di me mentre io mi idratavo e facevo un po’ di stretching una volta ripartito
mi sento molto bene e ( come un anno prima a GTC ) faccio una discesa molto
veloce e la riprendo e la stacco prima del centro abitato i Creton ( dove
termina la discesa in bosco), qui ad una fontana mi disseto cammino per
500/600m metri poi torno a corricchiare senza spingere troppo fin che non vedo
un atleta davanti a me e decido di spingere poi scoprirò che era solo uno che
corricchiava e non centrava nulla con noi ma a quel punto vedevo l’arco di
arrivo e continuo a spingere per provare a terminare sotto le 10 ore cosa che
al momento sembrava irraggiungibile anche perché avevo perso la concezione del
tempo quando l’orologio mi ha abbandonato al Meyen, al traguardo lo speker annuncia
il mio tempo e con grande mia sorpresa 9:51:32!
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