mercoledì 7 novembre 2018

LIMONEXTREME SKYRACE


Sono a Limone del Garda e siamo alla fine delle World Series di Skyrunning, dopo aver passato indenne il cancello più difficile, l’ iscrizione, è arrivato il momento di ritirare il pacco gara, attaccare il pettorale alla maglietta e scaldare le gambe!

Sabato 13 Ottobre mi trovo sul lungo lago di Limone insieme a tanti atleti di Skyrunning di fama mondiale come Anton Krupicka, Nadir Maguet, Jan Margarit Solè, Marco De Gasperi, Davide Magnini, Remi Bonnet, Kilian Jornet Burgada, Elisa Desco, ma non solo skyrunner ci sono anche parecchi orientisti al via come: Tove Alexandersson (pluri-campionessa mondiale ed europea), Mårten Boström, Judith Wyder (solo come spettatrice ma vincitrice del K+ la sera precedente) e parecchi atleti dell’ IFK Lidingö  
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Basta scaldarsi, il sole scalda anche fin troppo per essere Ottobre, dopo la presentazione dei top runner, è il momento di fare sul serio e fare fatica.

Prima dobbiamo districarci nei vicoli di Limone senza distruggere quelle poche cose che i negozianti non erano riusciti ritirare nel locale e senza investire qualche spettatore. Dopo l’inizio con dei piccoli su e giù arriviamo sulla statale per gli ultimi metri in piano prima di dimenticarci cosa voglia dire correre, o camminare, in piano.

Lasciamo l’asfalto e iniziamo a salire su un terreno molto friabile, come mi aspettavo, subito il terreno e la salita ha iniziato a mettere al suo posto le persone, parecchi di quelli che mi avevano superato nella prima parte me li vedo passare accanto o fermi a bordo sentiero per riprendere fiato.

Mi impongo di salire ad un ritmo costante, senza strafare, anche se sulla prima salita c’era parecchia gente che ci incitava e ti spingeva a dare tutto ma bisogna corre con la testa oltre che con le gambe e devo fare i con la mancanza dei bastoncini che mi aiutano e mi tolgono un po’ di fatica dalle gambe; la cosa mi riesce e arrivato al primo ristoro mangio qualcosa ma non troppo per non appesantirmi e soprattutto per non perdere il gruppo in cui ero che tiene un ritmo adeguato per il me e facciamo il tratto fino al successivo ristoro praticamente insieme.

A questo ristoro che poi sarà anche il 4° prendo un po’ più di tempo come tutti gli umani, del resto, attraversiamo il ponte e iniziamo “l’anello” che inizia una bella discesa abbastanza tecnica nel bosco seguita da un breve sali e scendi per poi attaccare una nuova salita ma questa volta più ripida ed impegnativa. In discesa mi sento bene e mi lascio andare e inizio a forzare il ritmo per vedere chi mi segue, solo in 2 mi seguono e arriviamo insieme al ristoro posto poco prima del cancello orario, continuiamo insieme per i primi sali e scendi poi saranno loro a forzare il ritmo per provare a staccarmi e questo avviene, inizialmente la cosa mi scoccia ma poi mi rendo conto che forse non è un male e continuo di buona lena a salire, con un dolore alla schiena che mi assilla da quando ho terminato la discesa, passando tratti esposti e con corde fisse fino a ritornare al ristoro, qui ritrovo i due che mi hanno staccato i salita che riconsegnano i pettorali e si fanno spiegare la via più breve per tornare a Limone del Garda mentre mi rifocillo sento che il dolore non tende a diminuire e chiedo ad uno dei medici se può manipolarmi per far si che il dolore si attenui un po’, mi fa stendere a terra e dopo un paio di manipolazioni mi alzo e sono pronto per ripartire “ come nuovo” o quasi.

Dopo la manipolazione fatico a rimettermi a correre subito ma proseguo comunque camminando anche perché la strada inizia a salire con pendenze cattive fin da subito.
La salita da prima si snoda all'interno di un bosco per poi terminare in mezzo a dei prati in cui avanzo più con la testa e con il cuore che con le gambe, questa salita ci porta al monte Carone da cui si snoda una discesa molto tortuosa e tecnica che mi fa ritrovare la voglia di correre e continuerò fino alla linea del traguardo, fermandomi solo per i ristori.

Terminata la discesa iniziano una serie di su e giù che sembrano infiniti ma finalmente vedo il cartello che indica l’inizio della discesa, con una frase che fa riflettere, se non sei in gara, perché se sei in gara vuol dire che proprio sano non lo sei, ma parecchi lo, come se fosse la porta dell’inferno, per me è una bellissima vista perché significa potersi lasciare andare e scendere a tutta velocità fino a sentirsi in grado di spiccare il volo, sperando ovviamente di non volare a terra o contro ad una roccia o peggio cadere fuori sentiero finendo sul fianco della montagna.

Inizio la discesa senza timore e senza pensarci troppo, metto solo in pratica quello che ho fatto a Cervinia durante il Vk- del CXT, svuotare la mente, non pensare a nulla, lasciare che l’istinto e l’esperienza acquisita nell’orienteering mi facciano arrivare in fondo tutto intero.

Supero la parte più tecnica e difficile della discesa indenne senza travolgere nessuno, recuperando qualche posizione fin o a giungere in boschetto di conifere dove per un secondo ho rischiato di vanificare tutto affrontando una salitella di slancio arrivando al suo culmine inciampo, non so nei miei piedi o in una radice, rischiando di cadere proprio mentre inizia un'altra discesa ma riesco, non so come, a rimanere in piedi.

Dopo questa roccambolesca azione, in cui non ci ho capito nulla, continuo a scendere attraverso la pineta fino a raggiungere l’ultimo ristoro dove mi fermo giusto il tempo di mezzo bicchiere d’acqua e guardare l’orologio e rendermi conto che posso stare sotto le 6 ore.

Riparto a tutta velocità, proprio come se non ci fosse un domani, ad ogni piccola salita o leggero falso piano e spingo come se fossero gli ultimi metro e inizio a recuperare atleti, appena ne supero uno, ne vedo subito un altro in lontananza e mi impongo di dare tutto fin che non lo prendo e lo supero, a questo punto non  ci faccio nemmeno più caso su che tipo di terreno sto correndo, anche quando ci sono degli scalini li passo via di volata senza accorgermene, quando vedo in lontananza il lago prendo nuova carica e spingo ancora ma purtroppo fino all’arrivo non c’è più nessuno ma tutta la gente che si trova sul lungo lago che fa il tifo per noi mi da la carica e mi fa dimenticare la fatica.

Taglio il traguardo della Limonextreme in 5:59:19 togliendomi la soddisfazione di finirla sotto le 6 ore, già finirla per me sarebbe stata una grandissima gioia.




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